Marco Riva, presidente del Coni Lombardia: «In una città e una regione che si apprestano ad ospitare Milano-Cortina 2026 bisogna essere al passo a livello di strutture»
I centri sportivi sul territorio di Milano continuano a essere uno dei punti d’appoggio più importanti per chi promuove la pratica sul territorio. Lo conferma Marco Riva, Presidente del Coni Lombardia, nella sua intervista per le pagine di Next.
Presidente, cosa significa per voi poter contare su strutture che offrono un’ampia gamma di possibilità tra cui poter scegliere?
«È un contributo importante. Avere impianti adeguati, accoglienti, accessibili, che consentono di fare sport è diventata una delle priorità. In una città e una regione che si apprestano a ospitare Milano-Cortina 2026 bisogna essere al passo a livello di strutture, non solo quelle dei Giochi ma tutte quelle in cui si fa sport».
A che punto è la crescita dello sport in Lombardia?
«Anche durante la pandemia lo sport non si è mai fermato. Chiaramente c’è stato un periodo di sofferenza. Centri e associazioni fanno i conti con costi legati all’energia che stanno aumentando e creano difficoltà. Per questo è necessario un supporto dalle istituzioni. L’attività prosegue, i numeri stanno aumentando sulla spinta di risultati eccezionali come quelli dei Giochi di Tokyo».
Quale disciplina le piace particolarmente praticare durante i mesi estivi?
«A me piace un po’ tutto, il tempo a disposizione è sempre meno dovendo interpretare il ruolo al massimo. La corsa permette di prepararsi in maniera veloce, per esempio. In generale mi piace molto nuotare, ma anche una partita a tennis o il classico calcetto».
Il Quanta Club ha deciso di raddoppiare i campi di padel: come si spiega questo boom?
«Parliamo di un gioco accessibile per tutti, che non necessita di una tecnica di base eccellente per cominciare e ha una comprensione semplice. È molto gettonato tra i calciatori e questo, a livello di comunicazione, ha fatto la differenza. La pandemia ha dato un’accelerata ancora maggiore. Nei periodi in cui altre attività non erano possibili, il padel si poteva fare perché non c’era contatto».
Si parla spesso di una cultura dello sport su cui bisogna lavorare: cosa si può fare per spingere le famiglie?
«Da un lato è necessario un lavoro nelle scuole, proporre ai ragazzi tante attività. Far conoscere gli sport e le realtà presenti sul territorio. Bisogna fare sistema, anche a livello di costi per le famiglie e per i centri o le associazioni. Se si dà la possibilità di avere dei contributi per favorire l’attività sportiva si evita che si arrivi a fare delle rinunce. Serve aprirsi e capire che siamo tutti un’unica famiglia olimpica con dei valori che vanno diffusi».